Nasce nel 1265 da una famiglia guelfa di Firenze, di piccola nobiltà. Amico di Guido Cavalcanti, di cui inizialmente subì l’egemonia culturale, partecipò con lui, e con altri poeti, al movimento del Dolce Stil Nuovo.Gran parte delle sue rime giovanili sono dedicate a una “Beatrice”, che viene tradizionalmente identificata con l’omonima figlia di Folco Portinari, sposata a Simone de’ Bardi, e morta di parto l’8 giugno 1290. Il poeta tra il 1293 e il 1294 rielabora la storia spirituale del suo amore nella “Vita Nuova”, un libriccino mescolato di versi e di prosa.

Dopo questa data, Dante comincia a partecipare alla vita politica di Firenze, del cui esercito ha fatto parte in diverse occasioni (nel giugno 1289 lo troviamo tra i “feditori” a cavallo nella battaglia di Campaldino contro i ghibellini di Arezzo, nell’agosto dello stesso anno è nell’esercito fiorentino che tolse ai pisani la fortezza di Caprona). Dante, che aveva trascorso un periodo di studi a Bologna, si iscrisse alla corporazione dei medici e degli speziali per iniziare la carriera politica (gli Ordinamenti di Giustizia di Giano della Bella riservavano il governo del comune solo ai cittadini iscritti a una delle corporazioni d’arti e mestieri).

Nel 1300 le sue responsabilità politiche aumentarono, e Dante divenne uno dei Priori, dedicando la maggior parte delle sue energie a contrastare i piani del papa Bonifacio VIII. Questi infatti, approfittando del conflitto presente in Firenze fra i Bianchi, capeggiati dalla consorteria dei Cerchi, e i Neri guidati da quella dei Donati, cercava di estendere la sua autorità su tutta la Toscana.

Nell’ottobre del 1301 il papa inviò a Firenze Carlo di Valois, fratello del re di Francia, apparentemente come paciere: ma in realtà Carlo aveva l’incarico di debellare i Bianchi. Mentre Dante si trovava a Roma come ambasciatore del comune di Firenze presso il Pontefice, Corso Donati e i neri conquistarono, con uccisioni e violenze, il potere.

Dante fu condannato all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, a una multa e all’esilio per due anni, per furto del denaro pubblico, azioni ostili verso il papa e la città (non essendosi presentato a discolparsi fu condannato ad essere bruciato vivo se fosse caduto in mano al Comune). Dal 1302 comincia il periodo dell’esilio, che durerà fino alla morte del poeta. Iniziò un pellegrinaggio per l’Italia. Prese contatto con Bartolomeo della Scala a Verona e con i conti Malaspina in Lunigiana, e tra il 1304 e il 1307 compose il Convivio (poi rimasto interrotto) per acquisire meriti di fronte all’opinione pubblica (per lungo tempo coltivò l’illusione di poter essere richiamato nella sua città come riconoscimento della sua grandezza culturale). Appartiene allo stesso periodo il De Vulgari Eloquentia.

Col passare degli anni Dante iniziò a vedere il suo esilio come simbolo del distacco dalla corruzione, dagli odi e dagli egoismi di parte, e si considerò guida per gli uomini alla riconquista della verità e della pace. Tale vocazione ispira la Divina Commedia, cominciata probabilmente dopo il 1307. Nel 1310 il nuovo imperatore Arrigo VII scese in Italia e Dante, scrisse delle lettere per esortare tutti ad accogliere colui che poteva riportare alla pace; scrisse inoltre il suo trattato politico più importante, la “Monarchia”. Ma nel 1313 Arrigo morì improvvisamente a Buonconvento presso Siena, e Dante abbandonò ogni speranza di tornare a Firenze. Negli ultimi anni, fu ospite di Can Grande della Scala a Verona e di Guido Novello da Polenta a Ravenna. Qui portò a termine l’ultima parte della Commedia, di cui era già stata pubblicata prima del 1315 la prima cantica, l’Inferno.

Lo scrittore muore a Ravenna nel 1321.

ORIGINI & STUDI – VITA POLITICA – L’ESILIO

PRIMI ANNI DI DANTE

Gli Alighieri, famiglia fiorentina di nobiltà minore, che si vantava di essere pianta di seme romano  (Inf. XV segg. ), provenivano da un ramo della potente stirpe degli Elisei ( Par. 138 ): da una certa Aldighiera della Valle del Po, andata sposa a Cacciaguida che partecipò alla seconda crociata durante la quale morì. Il nonno di Dante, Bellincione, e il padre, Alighiero II esercitavano l’attività di “prestatori”; e benchè di Bellincione si sappia che prese parte ai Consigli del Comune, gli Alighieri non furono così importanti tra i Guelfi da essere esiliati allorquando, dopo la battaglia di Montaperti, i Ghibellini prevalsero. Benchè fossero numerosi gli esiliati fiorentini di Parte Guelfa tra il 1260 e il 1266, i genitori di Dante rimasero in Firenze ed egli potè dirsi nato e cresciuto sovra ‘l bel fiume d’Arno a la gran Villa ( Inf. XXIII 93-94 ). Scarsissimi sono gli accenni di Dante ai suoi stretti congiunti; sappiamo che fu battezzato nel bel San Giovanni ( Inf. XIX 17 ), luogo mitico a cui sempre andrà il suo pensiero; luogo poetico identificato con la stessa sua Firenze dove sperava di tornare per essere incoronato poeta. Divenuto da fanciullo orfano di madre, Dante trascorre l’infanzia in compagnia di una sorella maggiore la donna giovane gentile…..la quale era meco di propinquissima sanguinitade congiunta ( Vita Nova XXIII ).Ebbe un fratello, Francesco ed una sorella, Tana  (Gaetana), nati dalle seconde nozze del padre con Lapa di Chiarissimo Cialuffi.

STUDI

Fin dalla più giovane età attese agli studi grammatici e retorici avendo conoscenza, inoltre, dei maggiori autori latini. Che Dante abbia avuto un maestro di scuola è più che ovvio; sappiamo dalla Cronaca del Villani quanto fosse diffusa, anche dopo pochi anni dalla morte del Poeta l’alfabetizzazione e la successiva istruzione commerciale e intellettuale tra i giovani fiorentini. Un  “romanus doctor puerorum” del popolo di San Martino al Vescovo teneva lezione, nel 1277, presso le case degli Alighieri. Assai rilevante, ancorchè episodico fu, certamente, l’insegnamento retorico-letterario ed anche politico e civile appreso dal grande Brunetto Latini, magistrato, ambasciatore e notaio ufficiale, nel 1267, della Repubblica Fiorentina, morto nel 1294 e sepolto in Santa Maria Maggiore. Il Latini appartenne politicamente alla Parte Guelfa e, come guelfo militante, dopo la rotta di Montaperti, venne condannato all’esilio. Riparò in Francia dove visse tra il 1260 e il 1266 e dove in lingua francese scrisse alcune tra le opere più importanti del tempo. Retore, al tempo stesso filosofo e divulgatore di un rinnovato enciclopedismo fondato su elementi culturali transalpini, propugnatore di un umanesimo tutto “civile” fu definito, a giusta ragione, da Giovanni Villani gran filosofo…sommo maestro di retorica…cominciatore e maestro in digrossare i Fiorentini e fargli scorti in bel parlare, e in sapere guidare e reggere la nostra repubblica secondo la Politica. Dall’insegnamento dell’autore del Tesoretto, del Favolello e del li livres dou tresor il giovane Alighieri prese l’avvio all’acquisizione della cultura francese come provano il Detto d’Amore e il più tardo Fiore ( rifacimento in 232 sonetti di perte del Roman e la Rose ) opere oggi attribuite a Dante. Intanto, a cominciare dalla Scuola Siciliana, prendeva campo e cresceva la poesia in volgare. Così, durante gli anni giovanili dell’Alighieri, il panorama poetico fiorentino è in completa espansione come stanno a dimostrare il Codice Vaticano  del secolo XIII ( uno dei più antichi illustri canzonieri ), il Codice Palatino 418 e il Codice Laurenziano Rediano 9 della Biblioteca Nazionale di Firenze. Se guardiamo la composizione di questa raccolta di poeti duecenteschi il maggior numero è rappresentato da composizioni di autori fiorentini o, come fra Guittone d’Arezzo, vissuti in stretto contatto con Firenze. L’operosità letteraria e artistica di questi poeti toccava il proprio culmine proprio mentre Dante apriva la mente e l’animo alla poesia: egli si staccava però ben presto da quei modelli e, con la conquista del  “dolce stile “, e delle rime in lode di Beatrice (poi commentate nella Vita Nova), si veniva consapevolmente a staccare dalla schiera dei rimatori in volgare delle precedenti generazioni.